Peter e Alice attraverso lo specchio
Scritto e diretto da
Gennaro Maresca
con
Peter Llewelyn Davis – Fabio Casano
Alice (Liddell) Hargreaves – Germana Saccardi
Peter Pan / James Matthew Barrie – Alfonso Amendola
Alice nel paese delle meraviglie / Lewis Carroll – Mariateresa Pezzatini
Assistente alla regia e Costumi – Roberta De Pasquale
Aiuto regia, Grafica e comunicazione – Sonia Ricco
Scenografia – Barbara Veloce
Disegno luci – Paco Summonte
Musiche da Chopin e Charles Delaney
Durata | 50 minuti
Foto | Vincenzo Antonucci
In scena al Nuovo Teatro Sanità – Stagione 2016/2017 | All you can eat.
Tradurre, adattare e mettere in scena Peter and Alice di Logan significa provare a fondere più linguaggi in un unico sistema: la realtà e la favola.
Logan è l’autore contemporaneo a mio parere tra i più accattivanti, riesce a raccontare nelle pagine di un copione, tra le righe di una sceneggiatura, l’esistenza umana e il suo contrario, la tragedia e la commedia, presentando personaggi universali, le storie dei grandi uomini ma anche le storie di nessuno. Uno dei più audaci rappresentanti della drammaturgia contemporanea quindi, ma anche un naturale erede della produzione artistica post-moderna, dal neorealismo italiano fantasticamente intrecciato alla favola (“Miracolo a Milano” di De Sica) e ancor di più al realismo magico di Gogol’. Un autore che porta a sé l’esperienza artistica così come si è evoluta. Una ricerca artistica europea.
Peter and Alice è l’opera di Logan che meglio risponde al desiderio di B.E.A.T. teatro di mettere in scena uno studio ma anche un teatro di ricerca che possa colpire il cuore della gente.
Alice Hargreaves e Peter Davies si incontrano quando lei decide di vendere il manoscritto dell’opera che ha ispirato: “Alice nel paese delle meraviglie”. Un uomo e una donna, lei anziana e con tutta la passività che l’età avanzata può esercitare su di una persona, dentro ha un rancore; lui poco più che trentenne, redattore, con tutta la goliardia della maturità, dentro ha una rabbia. Lei lo snobba, lo tratta con acidità, giudicandolo dalla testa ai piedi; solo il fatto che, come lei, anche Peter Davies è stato l’ispiratore di un romanzo, attirerà la sua curiosità. Peter Davies è diventato, sulla pagina scritta da Mr. Barrie, il bambino che non è mai cresciuto: Peter Pan.
Si guardano, si scrutano fuori e dentro e muoiono dalla voglia di parlarsi spinti da una segreta intimità, cose che il mondo, fuori da quella fatiscente biblioteca dove si sono incontrati, non può capire, il mondo è rimasto sull’isola che non c’è, il mondo, inconsapevole e ignorante, è rimasto a vagabondare sotto il sole cocente di un meriggio d’oro, in un paese meraviglioso.
Ma il paese delle meraviglie che cosa potrà essere mai? L’isola che non c’è è davvero così lontana da ripiegarsi sulla propria inesistenza? Alice e Peter possono darsi delle risposte. Se le scambiano con estrema crudezza. Spietati. Avvinti. Convinti. Umani. Ma ecco che ad un certo punto è lo stesso Logan che opera una magia: fonde la realtà con gli spazi favoleschi dei protagonisti che, in poco più di cinque minuti, in un fugace incontro, si confrontano con i fantasmi del passato, Peter Pan e Alice nel paese delle Meraviglie, la loro infanzia. I fantasmi di tutti.
Sarà Davies a mostrare per primo questa esigenza: “scambiamoci le nostre verità, vi prego”. Quali verità? Quella che sulla pagina ci vede due fanciulli sognatori e la gente così si figura le nostre esistenze? Non è giusto. Peter è un uomo che ha subito le angherie più indicibili dal signor Barrie e Alice Hargreaves è sempre stata in bilico tra un amore perverso e l’affetto più profondo per il reverendo Carrol; entrambi hanno conosciuto l’orrore della guerra, la rassegnazione, l’amore finito, il denaro finito, il dolore e la gioia. Entrambi desiderano urlare al mondo la loro umanità, lontana chilometri dalla favola e dal libro graziosamente impacchettato.
E tutto ciò, nella messa in scena, sarà chiaramente visibile. Sarà una palla di sentimenti con la quale i quattro protagonisti giocano per tutta la piecè, palle di perversioni, di sogni, di cattiveria e di bontà estrema. I quattro si fonderanno, si ameranno e si odieranno. Fino ad una scelta, che è una scelta universale: potrò mai restare il bambino che sognava incondizionato pur avendo subito “le angherie del tiranno e le angosce del respinto amore”? Tutti attanagliati in questa sfumatura dell’essere o non essere. “E’ una scelta” dirà Alice Hargreaves. Restare per sempre spersi in quel giardino sotto il sole cocente o squarciare il telone e rompere il telo su cui è dipinto il cielo finto dell’isola che non c’è. È una scelta universale: fare della vita un sogno nonostante tutto o lasciarsi andare all’oblio con gli occhi rivolti al cielo. Shakespeare, Logan e tutta l’esistenza umana chiusa in una biblioteca.