La Vacca
Testo di
Elvira Buonocore
Regia di
Gennaro Maresca
con
Vincenzo Antonucci
Anna De Stefano
Gennaro Maresca
Assistente alla regia – Roberta De Pasquale
Scenografia – Michele Lavadera
Costumi – Rachele Nuzzo
Durata | 50 minuti
Vincitore 2019 – Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche “Dante Cappelletti” – XIII Edizione e del Premio della Giuria Popolare
Vincitore 2021 – Premio “Per fare il Teatro che ho sognato / Per-formare il sociale” SARAS Università di Roma – La Sapienza all’interno del Festival PRESENTE FUTURO ’21 – 15° Edizione – al Teatro Libero di Palermo
Vincitore 2021 – Festival Voci dell’Anima ’21 – XIX Edizione – al Teatro della Centena Rimini – Premio della critica; Premio della stampa; Premio sezione teatro; Premio Confine-Corpo



La vacca in tutto. La vacca/feticcio. La vacca come vicissitudine dell’amore. Al pascolo nel suo habitat o attaccata alla macchina succhia latte. La vacca che espelle metano. La vacca sacra e la vacca profana. La vacca come desiderio di un seno grosso, come desiderio di una rivalsa. La vacca come sesso, un segno di carne, lussuria, maternità, fibra animale. La vacca simbolica, dispensatrice di fertilità. La vacca prende in sé tutto il male dell’uomo che consuma, che la uccide e la consacra contemporaneamente. La vacca elevata all’ennesima potenza, riconoscendola in tutto, universalizzandola. Ecco che avanza, la vacca in posa, impacciata davanti ad una telecamera, si chiama Elia, fa il pastore ma l’uomo industria gli ha tolto la sua ragione di vita: le sue mucche. La fabbrica fumosa è roboante s’è piazzata là dove prima c’era la sua terra, il suo verde, facendo posto a cemento, grigiore e rumore di macchina.
Ecco una vacca che da cornate, da di testa, si stanca e poi si abbandona, annichilita. È una vacca giovane e si chiama Mimmo. Il suo desiderio è dimostrare al mondo che lui ce la può fare. Poi si scoccia. Cade e si ferma, immobile arreso, disgustato dal grigiore, dalle canne fumare, da questo _gialliato_ che gli domina intorno. Mimmo ha una sorellina, un’altra vacca, si chiama Donata, il suo desiderio più forte è avere un seno grosso come le star della televisione, le serve per amare e servire. Donata è una sognatrice intontita dai media che vuole disperatamente donare qualcosa di suo. Un suo ingenuo, trasognato, mitizzato e inconsistente. È una vacca delicata come un fiore.
Si incontreranno questi tre personaggi. Tre vacche che si incontrano. Tre vacche perfettamente umane. L’uomo, la bestia e la virtù di non essere mai sazi, di sentire il peso antipatico dell’insoddisfazione. Il vuoto del desiderio va colmato. Donata, Mimmo e Elia. Legati e insieme lontani chilometri, distanti, nella lingua, nell’età e nel desiderio nascosto, mantenuto rigorosamente segreto. Vacche scornose (che hanno vergogna). Tre livelli poeticamente e crudelmente intersecati. Non c’è inganno. Sono vacche sincere, coerenti fino alla fine, chiederanno amore, fino alla fine. Ognuno a modo suo. Inconsapevoli spiegheranno le loro esistenze, all’ombra del fato o del caso quindi all’ombra di una vacca più grossa, talmente grossa che non si riesce a vedere. Una macrovacca sicura di essere molto di più che un ruminante è basta. Ci piace analizzare la vacca nel suo aspetto anche anatomico, stesa sul banco freddo del macellaio di turno, vogliamo esaminarla, sventrarla e subito dopo baciarla e chiederle perdono perché non sappiamo mai quello che facciamo….